WhatsApp registra ben 1,5 miliardi di utenti attivi ogni mese in tutto il mondo ed è l’app di messaggistica istantanea più utilizzata dagli italiani. Ogni giorno circa 65 miliardi di messaggi di testo vengono inviati tramite il servizio. Anche le immagini sono molto popolari: gli utenti condividono quotidianamente 4,5 miliardi di foto e 1 miliardo di video usando la chat.

WhatsApp, che viene utilizzata in 180 paesi e che supporta 60 lingue, offre alle aziende un grande potenziale di comunicazione con i propri clienti. L’unico inconveniente è che in realtà la piattaforma non è progettata per fare pubblicità in nessuna forma. Il fondatore Jan Koum ha sempre seguito il principio: “Niente pubblicità! Niente giochi! Senza fronzoli!”, per cui l’app dovrebbe concentrarsi sull’essenziale: la comunicazione tra le persone.

I termini e le condizioni di WhatsApp vietano alle aziende di utilizzare l’app a fini commerciali. Tale regola può essere raggirata se èil cliente a stabilire il primo contatto. A tal fine bisogna risvegliare il suo interesse e invogliarlo a salvare il numero dell’azienda nel proprio elenco dei contatti e a scriverle un messaggio via chat. In tal caso secondo le linee guida WhatsApp lo scambio di contatti è ancora considerato comunicazione.

Le aziende che fanno marketing con WhatsApp per le proprie comunicazioni aziendali sono ancora considerate social media first mover, ovvero chi fa il primo passo su un social media. Ad oggi questa strategia comunicativa è ancora in fase embrionale per cui non è stata ufficializzata e tantomeno resa professionale. In alcuni paesi WhatsApp Business è disponibile già da metà gennaio 2018 e uscirà gradualmente in tutto il mondo, semplificando così la comunicazione con i clienti, separando i contatti privati da quelli con i clienti e rendendo possibile una presenza aziendale ufficiale.

Un’app sulla via del successo

Ciò che la maggior parte delle persone non pensa quando scrive i propri testi quotidiani ad amici, familiari e colleghi è che WhatsApp è stato (ed è tuttora) l’innesco di una rivoluzione mondiale della comunicazione. Fondata all’inizio del 2009 dagli ex dipendenti di Yahoo Jan Koum e Brian Acton, in pochi anni l’app di messaggistica istantanea è diventata il principale strumento di comunicazione per smartphone. WhatsApp aveva 500 milioni di utenti quando è stata acquisita da Facebook nel 2014 per 19 miliardi di dollari: la seconda più grande acquisizione nella storia.

Eppure la storia di WhatsApp ha origini decisamente più modeste. Nel 2009 il fondatore Koum ha visto grandi opportunità per un promettente modello di business nell’allora ancora giovane App Store di Apple. La sua idea non era solo di inviare brevi messaggi, ma anche messaggi di stato da parte degli utenti. Era convinto che fosse pratico sapere cosa stesse facendo il contatto.

All’inizio lo sviluppo andava a rilento. Frequenti crash e problemi con la sincronizzazione del telefono avevano quasi fatto desistere Koum, ma per sua fortuna è stato fermato da Acton. Nello stesso periodo Apple ha involontariamente aiutato l’app a fare un balzo in avanti: da giugno 2009, infatti, gli sviluppatori di app hanno ricevuto la possibilità di servirsi di notifiche push. In questo modo gli utenti di WhatsApp potevano vedere subito quando qualcuno dei contatti cambiava il proprio stato.

L’applicazione si è così trasformata in un servizio di messaggistica istantanea. Un altro vantaggio a favore della società era la mancanza di concorrenza: oltre a Skype, infatti, c’era solo il Messenger di Blackberry come concorrente degno di nota, ma funzionava esclusivamente sugli omonimi smartphone. Con WhatsApp, invece, è stato presto possibile non solo raggiungere tutte le persone nel mondo in qualsiasi momento tramite messaggi di testo, ma anche inviare foto e messaggi vocali.

Il bacino d’utenza si è pian piano ampliato, tanto che ad oggi i giovani non sono di certo gli unici a usare WhatsApp. La facilità d’uso a cui Koum mirava ha reso il servizio di messaggistica istantanea attraente per tutte le fasce d’età, come sperato. In questo modo sembra raggiunto il vero obiettivo: sviluppare un’applicazione che possa essere utilizzata anche da persone che non sono cresciute o che non hanno familiarità con i computer.